Venerdì 4 Ottobre alle ore 18,30 S. Messa celebrata in Parrocchia da S.E. Mons. Ovidio Vezzoli
Saranno esposte le reliquie del Santo. Guardando l'immagine sotto riportata nel reliquiario si possono rilevare partendo dall'alto 3 reliquie: ceneri del corpo del Santo, resti della tonaca esterna (parte principale) e della veste interna.
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Leggiamo da frate Tommaso da Celano nella Vita prima, in una delle prime biografie di San Francesco, gli ultimi momenti della sua vita terrena e il passaggio [Transito] da questa vita al Padre.
Non c’è dubbio: Francesco di Assisi è il personaggio più celebre di tutta l’agiografia cristiana: noto, ammirato e amato in tutto il mondo, anche in ambienti assai lontani dalla Chiesa cattolica, dalla stessa cultura cristiana e occidentale: per esempio nel lontano Oriente.
A lui si sono ispirati letterari di tutte le tendenze, artisti di tutte le scuole, storici di qualsiasi impostazioni; uomini politici e addirittura rivoluzionari, che hanno visto in lui un apostolo della contestazione non violenta, un precursore dell’opposizione contro il materialismo e il consumismo.
Giotto, La predica agli uccelli, 1297-1300, affresco della Basilica Superiore di San Francesco, Assisi
Perfino molte ribellioni, da quella medievale dei “Fraticelli” a quella recentissima degli hippies, si sono rifatte, più o meno esplicitamente a lui, Francesco di Pietro Bernardone, Poverello di Assisi, amante riamato di Madonna Povertà, santo della rinunzia e cantore della “perfetta letizia”, cioè della felicità nell’infelicità.
Ma è importante fissare i caratteri che garantiscono la fedeltà di San Francesco a un ideale interamente cristiano, presentato e vissuto in modo originalissimo, ma non mai gratuito o ribelle.
Prima di tutto, la sua aderenza costante all’insegnamento evangelico, alle parole e alla figura stessa di Gesù. Un Gesù che Francesco di Assisi, con geniale intuizione, presenta agli uomini del suo tempo - e di tutti i tempi - come Salvatore per amore e con l’amore: non più o non solo Signore onnipotente, Giudice supremo, Maestro indefettibile: ma fratello tra i fratelli, sofferente tra i sofferenti, creature amabilissima tra le creature che lo amano e lo lodano: tutte le creature, anzi tutte le cose create – dall’acqua alle piante, dalle stelle al fuoco, dagli animali alla terra, e alla stessa morte. Ma soprattutto agli uomini, perché è per loro che il Figlio di Dio si è fatto uomo; per loro è stato creato l’universo; e creato con il piano dell’universale redenzione per mezzo dell’amore già presente nella mente di Dio fin dal principio dei secoli.
Poi, la costante fedeltà di Francesco di Assisi alla Chiesa, mistica sposa del Cristo. Una fedeltà testimoniata da infiniti episodi. Per ben tre volte, a tre diversi Papi, il Poverello chiese l’approvazione della sua Regola, la conferma e riconferma.
Perfino prima di “montare” il primo Presepe nella storia cristiana, un presepe vivente – a Greccio, nel Natale del 1223 – chiese e ottenne l’approvazione del Papa, per quella “novità”. Del resto, all’inizio stesso della vocazione del Santo, il Crocifisso dipinto si San Damiano, che ancora si conserva ad Assisi, aveva chiesto a Francesco di restaurare la sua Chiesa. Di restaurarla, non di criticarla, o combatterla, o neanche riformarla.
Costante fu poi in lui il senso della cristiana letizia, ben diverso dalla tetraggine dell’errore. Introdotto per la prima volta, con i compagni, alla presenza di Innocenzo III, cominciò a ballare della gioia. A San Leo, durante una festa, predicò dicendo:” Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena è diletto”. A Frate Leone dettò dove fosse “perfetta letizia”: nella tribolazione e nella persecuzione accettata per amore. E finalmente, nell’orto di San Damiano, ad Assisi, ammalato, quasi cieco, piagato dalle Stigmate, dopo una tormentosa notte insonne, intonò il Cantico delle Creature, il più alto inno di ringraziamento e di lode.
In questa serena letizia morì, pochi mesi dopo, ad Assisi, il 4 ottobre del 1226. Aveva vissuto quarantaquattro anni.
Il Termarina è un antichissimo vitigno originario delle zone del parmense; le sue uve hanno enormi potenzialità ma sono scarsamente conosciute ed ormai poco utilizzate.
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